Titolo di un dialogo filosofico di Platone,
appartenente agli scritti della vecchiaia. In esso il filosofo, criticando la
dottrina parmenidea dell'essere, giunse a correggere la propria dottrina delle
idee. Punto di partenza della riflessione platonica fu l'elaborazione della
teoria dei cosiddetti generi sommi, ossia dei cinque attributi fondamentali
delle idee: l'essere, l'identico, il diverso, la quiete e il movimento.
Innanzitutto, ogni idea è e quindi rientra nel genere dell'essere. In
secondo luogo, ogni idea è identica a se stessa e quindi rientra nel
genere dell'identico. In terzo luogo, ogni idea è diversa dalle altre e
quindi rientra nel genere del diverso. È questo il momento culminante
della critica a Parmenide. Secondo Platone, l'errore del filosofo di Elea fu
quello di confondere il diverso con il nulla e negare, conseguentemente, la
molteplicità: dicendo infatti che A non è B, non si allude con
ciò al nulla assoluto, ma al nulla relativo, ossia all'essere diverso,
che partecipa anch'esso dell'essere. Infine, gli ultimi due generi sommi
individuati dal filosofo si giustificano con il fatto che ogni idea può
starsene in sé (quiete) oppure entrare in un rapporto di comunicazione
con le altre (movimento). Nel
S. Platone tentò anche una
definizione generale e universale del concetto di essere, che non riducesse
quest'ultimo né a corporeità, né a idee: materialità
e immaterialità, infatti, non possono definire l'essere poiché
partecipano entrambe dell'essere (sia le cose corporee sia le entità
incorporee
sono). La tesi cui pervenne Platone nel
S. è che
l'essere coincide con la possibilità:
è qualunque cosa si
trovi in possesso di qualsiasi possibilità o di agire o di subire da
parte di qualche altra cosa, anche insignificante, un'azione anche minima, anche
solo per una volta. In altri termini, esiste tutto ciò che è in
grado di entrare in un campo qualsiasi di relazione.